martedì 31 marzo 2009

2. La libertà

Il cielo era scuro, scuro come il mare, era come se il cielo fosse il mare, e la stessa terra sembrava essere formata della stessa sostanza, un buio infinito.
L'oscurità mi aveva avvolto, l'oscurità aveva avvolto il mondo. Guardai ancora una volta quel cielo indistinguibile, e mi sentii solo. Avevo lasciato i campi e il villaggio, dimenticato le canzoni del raccolto, dimenticato il sapore del primo vino e l'odore della propria casa.

Avevo scelto la libertà, e ora cercavo di orientarmi dentro di essa come fa il cucciolo dell'asterione sulle cime dei monti, quando cerca il suo genitore e non lo trova.
Così io non vedevo Ulterion, la stella del Conforto, la stella che buca le nubi e le nebbie,
bianca e solidale anche nei cieli di neve.
E cercandola iniziai a sentirle. A sentire le presenze di spiriti tormentati che mi mettevano in guardia, dall'oscurità, dalla solitudine. Ma io non le ascoltavo, e iniziavo a urlare parole arcane e ancestrali in qualche lingua morta di antiche razze elfiche.
Ma nelle mie urla non sentii il colpo di ascia che mi mozzò il capo.

...

Mi svegliai, e corsi fuori dalla mia casa, nel mio villaggio, tra i miei campi...
Ero sempre stato libero, solo, nella mia vita passata un'altra libertà mi era venuta a cercare. 
E mi aveva preso.

venerdì 27 marzo 2009

1. La festa

Non avevo mai sentito i bicchieri tintinnare tante volte come la sera in cui tornai.
Ero stato in posti che la maggior parte delle persone presenti in quella bettola non avevano neanche sentito nominare, ma ogni panca su cui mi sono seduto era troppo scomoda al pensiero delle panche di Armagh, ogni pane troppo secco, ogni cinghiale troppo cotto.
Quando entrai c'era Armagh il gigante al centro della locanda che faceva uno dei suoi numeri. Questa volta teneva uno dei suoi garzoni per la testa e lo muoveva come fosse un burattino. Quel poverino rideva come un matto ma si sarebbe ritrovato sul collo i segni delle manone di Armagh per settimane.
Una volta l'ha fatto anche con me.
"ARMAGH!" gli urlai.
Lui si girò, e il suo sorriso si trasformò per un attimo in un'espressione stupita. Solo per un attimo. Gettò via il garzone come una pezza, e in meno di un secondo avevo il collo schiacciato in quelle sue braccione pelose. Le urla di Armagh poi, sono un qualcosa in grado di far perdere le foglie ad un albero in estate. Senza considerare il fiato.
"Armagh mi stritoli!"
"Brutto figlio di tua madre, cosa diavolo ci fai qui?"
"Sono tornato Armagh. Tornato."
"Maledizione, ne devi avere di roba da raccontare, porto due boccali, che a parlare senza bere si secca la lingua."
Ma il paese è piccolo, e in meno di un'ora la locanda si era riempita di tutti i miei più vecchi amici che facevano a gara per abbracciarmi. Per tutta la sera non riuscii a rispondere a nessuno, perché appena cominciavo una storia subito arrivava un altro e dovevo ricominciare tutto daccapo.
Nella calca riuscii a parlare un po' con Zoran, che aveva ereditato la forgia dal suo vecchio padre, con Millton che aveva trovato qualcuno abbastanza pazzo da comprare i suoi quadri, con la dolce Riissa, che non salutai neppure prima di partire, e con Naronil, che era così incredulo del mio ritorno che quando mi vide saltò sul tavolo così sgraziatamente che scivolò subito giù, spaccando due sedie.
I bambini giocavano tra le gambe del tavolo, contenti perché i genitori si erano completamente dimenticati di loro. Uno mi guardò e mi disse: "Signore, sei andato più lontano dello stagno a valle?" e io sorridendo gli dissi: "Un pochino". Lui scappò via urlando che fossi pazzo, perché oltre lo stagno ci sono solo i mangiabambini. Se non fosse corso via, gli avrei raccontanto del deserto rosa a nord di Parranir, dove ci sono dei vermi-talpa colossali, in grado di divorare un bambino in un solo morso.
O forse no.
"Dicci la verità, sei ritornato per la mia birra scura, eh?"
"Armagh, persino il sudore del mio cavallo rinfresca più di questa brodaglia, ma, se devo essere sincero: si, mi è mancata."

martedì 10 marzo 2009

Ouverture

Quando mi chiesero perchè fossi tornato non risposi, ma fui contento di vedere che il mulino accanto al fiume funzionava ancora. Quando mi chiesero se fossi stanco non risposi, ma cercai con lo sguardo la vecchia quercia, quella che i vecchi venerano come l'albero più antico del mondo, e la trovai.
Quando mi chiesero se avessi fame non risposi, ma vidi che dalla locanda del vecchio Armagh la gente usciva ancora con il viso felice.
Quando mi chiesero dove fossi stato e cosa avessi visto, pensai che un giorno avrei dovuto dare delle risposte, se non a loro, a me stesso almeno.